lunedì 27 maggio 2013

STELLE


      Stelle

Osservando il cielo le stelle appaiono come migliaia di puntini luminosi, diversi per intensità, colore e dimensione, che si trovano stampati su di un'unica superficie a disegnare le più svariate forme. Sin dai tempi antichi infatti, nonostante esse occupino zone contigue del cielo solo per effetto prospettico, essendo distanti fra loro a volte per migliaia di anni luce, è stato possibile raggruppare le stelle più luminose in modo da formare quelle figure a cui si è dato il nome di costellazioni.



Le stelle si sono meritate inoltre nel corso dei secoli l'appellativo di fisse, anche se in effetti, al pari di tutti i corpi del sistema solare, esse si muovono (moto proprio), ma in maniera talmente lenta che per notare degli spostamenti bisognerebbe attendere millenni. Questo perchè, a differenza dei pianeti, esse si trovano ad una distanza talmente grande da rendere l'angolo che deriva dallo spostamento quasi impercettibile.


Moto proprio delle stelle

Magnitudine stellare


Le stelle si distinguono in base alla magnitudine relativa (luminosità apparente), una scala di valori centrata sullo zero, corrispondente al valore della stella Vega, con i valori più alti espressi con numeri negativi. La differenza fra le prime e le ultime è di circa 1 a 500, vale a dire che le stelle di magnitudine 1 saranno 500 volte più luminose di quelle dell'ultima classe (25).



Un'attenta valutazione va posta dunque alle distanze ed alle dimensioni stellari, che se non correttamente valutate possono portare a considerazioni errate. Il Sole infatti, una stella di medie dimensioni, che è anche la più vicina a noi (dista in media 149,6 milioni di chilometri, pari a 8 minuti luce), ci sembra ben più grande e luminoso di tante altre stelle, che pur emettendo luce per migliaia di volte tanto, appaiono molto deboli e minuscole a causa della loro lontananza.


Dimensioni comparate delle stelle

Nome                Costellazione                 Distanza (A.L.)                 Magnitudine
Sole - - - - -                                                         8 m.l.                                    -26,4


Sirio                        Cane maggiore                         8,6 -                                   1,4

Canopo                    Carena                                   312 -                                     0,7

Rigil                           Kentaurus Centauro                4,4 -                                     0,2

Arturo                         Bifolco                                  36,7 -                                    0,1

Vega                              Lira                                     25,                                         3 0

Capella                        Auriga                                  42,2                                      0,08

Rigel                         Orione                                     773                                         0,1

Procione                     Cane minore                          11,4                                       0,3

Achernar                     Eridano                                 144                                          0,4
 
Betelgeuse                 Orione                                    427                                         0,5


Per ovviare a questo problema, e considerando che l'intensità della luce diminuisce col quadrato della distanza della sorgente, si usa allora la magnitudine assoluta (luminosità effettiva), ossia si considerano i corpi stellari come posti tutti alla stessa distanza, fissata per convenzione in 10 parsec, equivalenti a circa 32 anni luce.

Distanze e magnitudini stellari


Metodi per la misura delle distanze stellari


Per risalire alla distanza stellare un metodo molto usato è quello che sfrutta il fenomeno della parallasse annua. Infatti, considerando il nostro pianeta in un punto qualsiasi della sua orbita, e puntando da esso una stella x, dopo sei mesi, quando la Terra sarà in un punto esattamente opposto, si vedrà lo stesso astro spostato sullo sfondo celeste di un angolo che sarà tanto più piccolo quanto esso sarà distante da noi. Misurando dunque l'entità di tale angolo, e conoscendo il raggio dell'orbita terrestre, 1 U.A., dalla trigonometria avremo la distanza D = 1 : tgA espressa in parsec.

Parallasse annua
Tuttavia per le stelle più lontane, essendo l'angolo risultante talmente piccolo da non poter essere misurato, si usano altri metodi come quello spettroscopico o quello delle cefeidi.




Il primo consiste nello scomporre la luce della stella nelle sue componenti fondamentali facendola passare attraverso un prisma. Analizzandola si notano le bande colorate dello spettro che risultano separate da righe oscure, che non sono altro che assorbimenti da parte dei gas che compongono il corpo stellare. Da queste è dunque facile risalire alla composizione chimica ed alla magnitudine assoluta delle stelle, che poi posta a confronta con quella apparente ci darà la distanza.



Spesso si ricorre anche alle cefeidi, da Delta Cephei, la prima stella con queste proprietà ad essere stata scoperta, che hanno la caratteristica di variare in modo regolare la loro luminosità secondo un periodo ben determinato che è direttamente proporzionale alla stessa intensità luminosa. Dunque più lungo sarà questo periodo, maggiore risulterà la magnitudine assoluta, dalla quale otterremo poi quella apparente e quindi la distanza.



FONTE :   
http://www.astrosurf.com/cosmoweb/files/header.gif






sabato 25 maggio 2013

Galileo - Giornale di Scienza | Come nasce una galassia

Galileo - Giornale di Scienza | Come nasce una galassia


Come nasce una galassia0



L’archeologia stellare mostra come le enormi galassie ellittiche che oggi popolano l’Universo si siano formate molto rapidamente circa dieci miliardi di anni fa, ma, grazie alle osservazioni di un team di ricercatori, oggi possiamo adesso osservare ‘in diretta’ la formazione di uno di questi giganti del cielo. Hai Fu della University of California di Irvine e colleghi, in uno studio pubblicato su Nature, ha infatti trovato indizi su una rarissima fusione di due galassie ricche di gas per dare così origine a un’enorme galassia ellittica.



Finora si credeva che le progenitrici di questi sistemi stellari, fossero delle luminose galassie dette Smg (submillimeter galaxies), la cui massa media di gas molecolare (quasi 1010 masse solari) è in grado di giustificare la formazione di galassie ellittiche di dimensioni tipiche. Ma la questione rimaneva aperta, perché questa massa non era tuttavia in grado di spiegare l’origine di galassie particolarmente grandi, ossia quelle con una massa stellare superiore alle 1011 masse solari.



Poiché una galassia di questo tipo era stata catalogata nella survey HerMES (Herschel Multi-tiered Extragalactic Survey), gli scienziati si sono impegnati ad osservarla indagando a fondo con diversi telescopi (come Herschel appunto, Hubble e il W. M. Keck Observatory nelle Hawaii) in diverse lunghezze d’onda per ottenerne delle immagini in alta definizione e per campionarne la distribuzione spettrale di energia.



Durante questo studio, tuttavia, essi si sono accorti che la fonte di luce era risolvibile in due componenti molto brillanti, connesse da un sottile ponte di materiale: si trattava della fusione di due galassie Smg, iniziata circa 11 miliardi di anni fa. Studiando con attenzione il sistema, il team ha riscontrato in esso un tasso di formazione di stelle di circa 2000 masse solari all’anno, molto superiore di quello delle galassie normali. Questo implica che le sue riserve di idrogeno non si esauriranno prima di 200 milioni di anni, dando il tempo ai due sistemi stellari di unirsi per formare una sola galassia ellittica grande 10 volte la nostra Via Lattea. Tuttavia questa nascita cataclismica ha delle conseguenze, come spiega Fu: “Queste galassie hanno dato inizio a un vero e proprio ingozzamento che esaurirà nelle prossime centinaia di milioni di anni le loro riserve alimentari, facendo sì che la neonata galassia muoia lentamente di fame”.



È estremamente raro osservare delle fusioni tra galassie come questa, denominata HXMM01, perché sono fenomeni di breve durata e innaturalmente grandi, ma gli scienziati ipotizzano che ce ne sia uno ogni cento gradi quadrati di cielo, e che esse potrebbero rappresentare una fase critica della formazione delle galassie ellittiche più grandi, fornendo finalmente una risposta al quesito sulla loro origine. Questi risultati verranno presto testati grazie alle future osservazioni a grande campo nel range di lunghezze d’onda submillimetriche, che, con un po’ di fortuna, sveleranno altri sistemi simili ad HXMM01.



Riferimenti: Nature doi: 10.1038/nature12184



Credits immagine: ESA/NASA/JPL-Caltech/UC Irvine/STScI/Keck/NRAO/SAO



lunedì 20 maggio 2013

IL SOLE OGGI


ESPLOSIONE SULLA LUNA




Brillante esplosione sulla Luna: un meteorite si schianta sulla superficie del nostro satellite

Credit: NASA

Per 8 anni la NASA ha monitorato costantemente la Luna in cerca di bagliori dovuti all’impatto di corpi rocciosi sulla sua superficie, e finalmente gli sforzi sono stati ripagati nel migliore dei modi. Lo scorso 17 Marzo 2013, un oggetto delle dimensioni di un piccolo masso ha colpito la superficie lunare, impattando nel Mare Imbrium, una delle tante colate di lava solidificata del nostro satellite naturale. Secondo Bill Cooke del Meteoroid Environment Office, l’impatto sarebbe stato brillantissimo (magnitudine 4), a tal punto da poterlo osservare anche ad occhio nudo. Chiunque, anche senza l’ausilio di un telescopio, avrebbe potuto osservare il bagliore se solo avesse osservato il satellite in quel momento. Ron Suggs, analista presso il Marshall Space Flight Center, è stato il primo a notare l’impatto in un video digitale registrato da uno dei telescopi del programma di monitoraggio da 14 pollici. “E ‘saltato a destra, fuori di me, era così brillante…“, ricorda. Il meteoroide, del peso di 40 Kg, misurava 0,3-0,4 metri di larghezza e ha colpito la Luna ad una velocità di quasi 90.000 Km/h, sprigionando un’energia pari all’esplosione di 5 tonnellate di tritolo. In quella stessa notte, le telecamere della NASA e della University of Western Ontario, hanno raccolto un insolito numero di meteore sulla Terra. “Queste palle di fuoco stavano viaggiando lungo orbite quasi identiche a quelle degli asteroidi della fascia principale”, dice Cooke. “Questo significa che la Terra e la Luna sono state bersaglio di una nube di detriti, più che da un singolo oggetto sporadico”. “La mia ipotesi – aggiunge lo scienziato – è che gli eventi fossero collegati”. Uno degli obiettivi del programma di monitoraggio lunare è proprio quello di individuare nuovi flussi di detriti spaziali che costituiscono una potenziale minaccia per il sistema Terra-Luna. Il cratere prodotto sulla brulla superficie lunare potrebbe essere ampio poco più di 20 metri, che lo renderebbe un facile bersaglio per il Lunar Reconnaissance Orbiter (LRO).





Credit: NASA

L’ASSENZA DI ATMOSFERA – A differenza della Terra, protetta dall’involucro dell’atmosfera, la superficie del nostro satellite è soggetta a numerosi impatti che generano i famosi crateri osservabili anche ad occhio nudo. Le meteoriti, pur in assenza di ossigeno, sprigionano un’energia cinetica così elevata che anche un sassolino potrebbe aprire un vasto cratere. Il lampo di luce conseguente non proviene quindi dalla combustione, ma piuttosto dal bagliore termico della roccia fusa. Dalle prime osservazioni, partite nel 2005, e dopo 300 impatti osservati, quello del 17 Marzo è quello più luminoso. Statisticamente parlando, più della metà di tutte le meteoriti lunari provengono da sciami di meteore conosciute come le Perseidi e le Leonidi. Il resto sono meteore sporadiche – dalla provenienza sconosciuta. Il programma di monitoraggio permette di farsi un’idea di cosa ci si dovrebbe aspettare se un ipotetico esploratore rimanesse sulla Luna con una base permamente. Il prossimo anno, intanto, gli scienziati terranno d’occhio una probabile replica del fenomeno, dal momento che la Terra transiterà nuovamente nella stessa regione di spazio

FONTE : http://www.meteoweb.eu





giovedì 16 maggio 2013

LE NUVOLE

ATLANTE DELLE NUBI
L'osservazione delle nubi e lo studio dell'origine, della forma e dello sviluppo di esse hanno grande importanza, anzitutto perchè le nubi costituiscono uno dei principali fenomeni della libera atmosfera in relazione diretta con altri i quali presiedono alla loro genesi e ne provocano o accompagnano i mutevoli aspetti; in secondo luogo perchè i risultati delle osservazioni nefologiche sono di grande utilità pratica per la navigazione aerea. 
Uno dei mezzi indispensabili per eseguire l'osservazione delle nubi ed identificare le numerose varietà è l'atlante delle nubi, un catalogo illustrato nel quale sono riprodotte le principali varietà degli ammassi o dei singoli individui nuvolosi. 
Scopo di questo "atlante delle nubi multimediale" è quello di rendere più semplice l'osservazione e la catalogazione delle nubi a chi, per passione o professione, ha sempre la testa "tra le nuvole".  

ALDILA' DELLE NUVOLE

UN PICCOLO CAMMINO ALLA SCOPERTA DI COSA C'E' ALDILA' DELLE NUVOLE...
E NON SOLO....